Qui rido io
(Italia/2021) di Mario Martone (133') | Introduce Mario Martone
Regia: Mario Martone. Soggetto e sceneggiatura: Mario Martone, Ippolita di Majo. Fotografia: Renato Berta. Montaggio: Jacopo Quadri. Scenografia: Giancarlo Muselli, Carlo Rescigno. Interpreti: Toni Servillo (Eduardo Scarpetta), Maria Nazionale (Rosa De Filippo Scarpetta), Cristiana Dell’Anna (Luisa De Filippo), Antonia Truppo (Adelina De Renzis), Eduardo Scarpetta (Vincenzo Scarpetta), Roberto De Francesco (Salvatore Di Giacomo), Lino Musella (Benedetto Croce), Paolo Pierobon (Gabriele D’Annunzio). Produzione: Nicola Giuliano, Carlotta Calori, Francesca Cima per Indigo Film, Rai Cinema.
Durata: 133’
Copia proveniente da 01 Distribution
È una storia che ne contiene molte altre quella raccontata da Mario Martone (e dalla sua cosceneggiatrice Ippolita di Majo) in Qui rido io, come spesso è il teatro che nasconde dentro di sé molto altro ancora. Al centro c’è la carriera di Eduardo Scarpetta (Toni Servillo, superlativo) nel momento del suo massimo splendore, agli inizi del Novecento (il titolo del film è il motto che fece mettere sulla sua villa), ma c’è anche il peccato di superbia che lo portò a sfidare D’Annunzio scrivendo una versione farsesca di Il figlio di Iorio, con il processo per plagio che ne seguì; c’è la sua vita privata, fatta di figli legittimi e illegittimi, di mogli e amanti, tutti e tutte riunite in un’unica famiglia […]; c’è la sua compagnia, perché tutti dovevano imparare a recitare e contribuire al successo della Ditta; c’è il confronto con chi insegue un altro teatro, non più farsesco ma naturalista, dove il rinnovamento culturale si mescola all’invidia e agli orgogli feriti.
E poi c’è Napoli, il suo universo colorato e caloroso, affascinante e opprimente insieme, che la messa in scena sa raccontare con i suoi ricchissimi interni, ma anche con le canzoni da posteggiata che accompagnano, sottolineano e a volte commentano l’azione. Tutto questo Martone lo orchestra con straordinaria fluidità, senza privilegiare alcun tema ma tutti affrontandoli e raccontandoli, per restituire un mondo – quello di Scarpetta e del teatro partenopeo – che non vuole essere solo ricostruzione storica ma anche riflessione sulla complessità e le contraddizioni […]. Il film finisce così per essere una specie di ricapitolazione in forma di commedia di un legame con le proprie radici napoletane, complesse e chiaroscurali come appunto fu il personaggio Scarpetta.
Paolo Mereghetti
Eduardo Scarpetta è stato un autore geniale. Che a un certo punto è stato punito dalla propria ambizione, come accadeva agli eroi della mitologia greca. La causa che gli intenta Gabriele D’Annunzio arriva al culmine della sua fama e dà il via alla sua ‘discesa’. In realtà lui non si ritirò, ma quella fu una crepa che non si richiuse mai. E oggi, il suo nome è ancora ricordato. Mentre chi all’epoca lo ‘tradì’, i suoi giovani collaboratori, sono dimenticati. Siamo partiti dalla sua autobiografia, abbiamo consultato tutto il materiale disponibile su di lui, gli articoli e gli atti giudiziari. Per poi creare un romanzo per immagini.
È un film sulla paternità negata dal padre stesso. Quella raccontata attraverso gli occhi di Peppino De Filippo bambino. Che diventerà un grande attore, ma quel padre che lo costringeva a chiamarlo zio e lo mandò a vivere lontano in campagna, non lo perdonerà mai. Fino alla fine, quando gli chiesero che padre era stato Scarpetta, rispose: “È stato un grande attore”.
Mario Martone