Mulholland Drive
(USA/2001) di David Lynch (145') | Verso il cinema ritrovato
Regia e sceneggiatura: David Lynch. Fotografia: Peter Deming. Montaggio: Mary Sweeney. Scenografia: Jack Fisk, Peter Jamison. Musica: Angelo Badalamenti. Interpreti: Naomi Watts (Betty Elms/Diane Selwyn) Jeanne Bates (Irene), Laura Elena Harring (Rita/Camilla Rhodes), Robert Forster (detective McKnight), Brent Briscoe (detective Domgaard), Maya Bond (zia Ruth), Justin Theroux (Adam Kesher), Ann Miller (Coco), Angelo Badalamenti (Luigi Castigliane). Produzione: Neal Edelstein, Mary Sweeney, Tony Krantz, Michael Polaire, Alain Sarde con John Wentworth, Joyce Eliason per Les Films Alain Sarde, Asymmetrical Productions, Babbo Inc., Canal+, The Picture Factory. Durata: 147’
Versione inglese con sottotitoli italiani
Copia proveniente da StudioCanal. Restaurato in 4K nel 2021 da StudioCanal presso il laboratorio Fotokem/Criterion, a partire da un negativo originale Cineteca di Bologna per concessione di RTI-Mediaset
Mulholland Drive, uno degli indiscussi capolavori della fase matura dell’arte di David Lynch, nonostante e forse proprio attraverso l’ormai celebre ‘enigmaticità’ della sua struttura, possiede tutti gli ingredienti del ‘romanzo dell’abbandono’, esaltati da un’atmosfera noir particolarmente in sintonia con un progetto narrativo così centrato sui sentimenti. Perché il noir non è solo un genere di narrazione che fa perno sul delitto, sulla colpa, sul mistero: al suo interno, si agita sempre Eros, con la sua cieca forza distruttiva e i suoi labirinti di passioni.
Comunque si voglia rendere conto della trama di Mulholland Drive, risulta sempre più chiaro, via via che il film procede verso la sua conclusione (o retrocede, se si preferisce, verso il suo punto di partenza), che Lynch ha immaginato uno spazio onirico, o uno spazio immaginale, muovendo da una catastrofe sentimentale, dalla perdita di un Eden amoroso. Due donne bellissime si amavano, fino al giorno in cui una delle due ha messo fine alla storia, imboccando una strada nuova, e lasciando l’altra sulla sua spiaggia solitaria, nello strazio interminabile dei suoi giorni dell’abbandono. […]
Questo squilibrio dei poteri è probabilmente il nervo più sensibile di ogni storia d’abbandono. Non a caso sia Teseo sia Giasone, i grandi ‘abbandonatori’ del patrimonio mitologico, possiedono tutti i crismi del potere: sono eroi, uccisori di mostri e fondatori di città. Mentre Arianna e Medea, dopo aver contribuito in maniera decisiva alla loro affermazione, vengono ricacciate, come nemici sconfitti, nella solitudine e nello sconforto, ostaggi dolenti del loro desiderio di morte. Lynch manipola questo schema classico, per tutta la prima parte del film, raccontando una storia che altro non è che un rigoroso meccanismo di compensazione. Assistiamo, insomma, a una vicenda che è l’esatto contrario di quanto avviene nella realtà: l’illusione realizza l’impossibile e il potere torna completamente nelle mani della persona abbandonata.
A me sembra abbastanza ovvio che quello che vediamo nella prima parte di Mulholland Drive sia un sogno [...], è il rigore geometrico del rovesciamento, l’infallibile simmetria del meccanismo di compensazione, a renderci certi che il racconto che seguiamo proviene dal regno dei sogni. [...]
Fra tutte le idee che formicolano in Mulholland Drive, questa mi sembra la più poetica.
Emanuele Trevi