Lunana – il villaggio alla fine del mondo
(Lunana: A Yak in the Classroom, Bhutan/2019) di Pawo Choyning Dorji (110')
Regia: Pawo Choyning Dorji
Interpreti: Sherab Dorji, Ugyen Norbu Lhendup, Kelden Lhamo Gurung, Pem Zam
Origine e produzione: Bhutan / Pawo Choyning Dorji, Jia Honglin, Stephanie Lai, Steven Xiang,
Dangphu Dingphu: A 3 Pigs Production
Durata: 110’
Ugyen è un giovane insegnante di città che sogna di lasciare il Bhutan per raggiungere l'Australia e diventare un cantante. Dato il suo scarso rendimento, verrà mandato in una scuola di Lunana, nel Bhutan settentrionale, dove si giunge dopo sette giorni di duro cammino a piedi. L'alta quota e la mancanza delle cose più elementari spingerebbero Ugyen ad andare via appena arrivato ma in breve i bambini del posto cercano di conquistarlo. Non hanno però molto tempo a disposizione: Ugyen dovrà prendere una decisione prima che l'arrivo nel gelido inverno lo blocchi sull'Himalaya.
“Ugyen, cattivo maestro di Thimphu (Bhutan) vuol scappare in Australia e fare il cantante, anche se il visto tarda ad arrivare. Intanto il ministero lo spedisce a rieducarsi nel più sperduto villaggio del nord. Dopo otto giorni di impervia salita a piedi e un iniziale shock perché è senza luce, cellulare, ragazza, musica, quaderni e lavagna, tra cibo assurdo, gelo, gabinetto esterno e povertà («bruciare carta è come da voi bruciare banconote»), lentamente viene conquistato dalla magia della natura incontaminata, dai bimbi affamati di cultura e felici con niente, dai pastori di yak, generosi e con voci affascinanti che imitano i grandi uccelli. Si trasforma. Merito anche di un gigantesco yak, regalo della bella del villaggio che glielo impone («è un dio!») in aula per l’intero anno scolastico. Ugyen modificherà il suo sogno di fuga o almeno la sua estetica musicale? In Bhutan si fanno 30 film all’anno, imitazioni di Bollywood. Ma dopo il successo mondiale di La coppa (Cannes 1999) di Khyentse Norbu, un ricco corpus di storie e leggende himalayane sta originando un cinema d’autore unico, di cui Lunana - Il villaggio alla fine del mondo di Pawo Choining Dorij, candidato Oscar 2022, è buon esempio. Bhutan, monarchia confessionale che contingenta i turisti perché nocivi all’armonia sociale, dal 2008 sembra trasferire però sul piano politico, e suggerire ai film autorizzati, virtù (ambientalismo, anticonsumismo) e difetti (feudalesimo, congelamento della dinamica sociale) del buddhismo tibetano, propagandando l’ideologia del FIL (Felicità interna lorda), variante nazionalista del PIL, più che suo antidoto.”
Roberto Silvestri, “FilmTV”
“L’essenzialità di linguaggio (e di narrazione) di cui si serve Lunana: Il villaggio alla fine del mondo, rispecchia una semplicità di racconto che trascende la mera cornice filmica. La propensione alla linearità narrativa, riflette non solo la spontaneità della storia, ma anche la povertà di mezzi con cui è stata portata sullo schermo. Nel girare su un remoto declivio di montagna con un “cast” locale – che mai aveva recitato, né visto un film – Dorji esalta la semplicità comunicativa a centro paradigmatico del racconto, fugando ogni pretesa di profondità. Tutto in direzione di un’opera onesta e coerente, in cui la sincerità espressiva degli interpreti è fonte, origine e magma di una narrazione propriamente autoctona, che richiama l’iconografia di Non uno di meno (Zhang Yimou, 1999) in virtù di una connotazione fortemente identitaria. Il testamento di un racconto lineare, che sull’onda dell’irripetibile candidatura agli Oscar, trascende i suoi (ristretti) confini spaziali, per comunicare immaginariamente con il mondo intero.”
Daniele D’Orsi, “Sentieri Selvaggi”
”