L’uomo che uccise Liberty Valance
(The Man Who Shot Liberty Valance, USA/1962) di John Ford (123') | Ritrovati e restaurati
Regia: John Ford. Soggetto: dal racconto omonimo di Dorothy M. Johnson. Sceneggiatura: James Warner Bellah, Willis Goldbeck. Fotografia: William H. Clothier. Montaggio: Otho Lovering. Scenografia: Eddie Imazu, Hal Pereira. Musica: Cyril J. Mockridge. Interpreti: James Stewart (Ranse Stoddard), John Wayne (Tom Doniphon), Vera Miles (Hallie), Lee Marvin (Liberty Valance), Edmond O’Brien (Dutton Peabody), Andy Devine (Link Appleyard), Ken Murray (Doc Willoughby), Woody Strode (Pompey). Produzione: Willis Goldbeck per Paramount Pictures Corp., John Ford Productions. Durata: 123’
Copia proveniente da Paramount per concessione di Park Circus. Restaurato in 4K nel 2021 da Paramount, a partire da un negativo 35mm conservato presso Deluxe DTDC. Restauro audio realizzato presso i laboratori Deluxe
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Serata sostenuta da Bonfiglioli
L’UOMO CHE UCCISE LIBERTY VALANCE
(The Man Who Shot Liberty Valance, USA/1962) di John Ford (123')
Con L’uomo che uccise Liberty Valance John Ford riassume la sua visione del mondo del western. Si oppongono la natura selvaggia e il giardino – da un lato l’indomito West, dall’altro la civiltà come fu costruita negli ultimi decenni del Diciannovesimo secolo. All’inizio del film il ‘selvaggio West’ è già soltanto un ricordo, ma il conflitto era ancora una realtà brutale quando in città spadroneggiava un bandito abituato a calpestare ogni regola e legge, un uomo chiamato Liberty Valance. Il punto di partenza è il ritorno in città del senatore Stoddard (James Stewart) per il funerale di un certo Tom Doniphon. È John Wayne, in un flashback, a interpretare quell’uomo morto dopo una vita difficile e a tal punto sconosciuto che nemmeno il giornalista locale sa nulla di lui. Questo film intenso e malinconico segna la fine di un lungo percorso d’esplorazione. Nella sua laconica e innata grandezza sentiamo il respiro maestoso del cinema. Il film è anche l’incontro raro e prezioso tra due star. Era la seconda volta che Stewart lavorava con Ford, ma l’attore si era costruito altrove – in particolare sotto la direzione di Anthony Mann – un forte personaggio western. Wayne naturalmente era il divo che Ford aveva diretto più spesso dal 1939 in poi. Le loro immagini si incontrano, e il contatto crea un film in cui tutto è smisuratamente semplice e smisuratamente complesso. La storia passata e il presente del film si saldano senza soluzione di continuità. Qui John Ford, interprete o reliquia del sogno di un’epoca andata, offre una confessione intima e sincera.
Dato che il cinema di Ford era associato alla forte presenza del paesag- gio, in particolare il memorabile ‘paesaggio dell’anima’ rappresentato dalla Monument Valley, l’arido grigiore e l’approccio quasi giornalistico di Liberty Valance possono cogliere di sorpresa. Ma proprio per questo il film ha tutta la nostra attenzione. C’è una nuova atmosfera di rivelazione e schiettezza: e ora viene raccontata.
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