Gomorra - new edition
(Italia/2020) di Matteo Garrone
Fa parte de Il Cinema Ritrovato 2020
L’idea di rimettere le mani su Gomorra nasce in seguito a una proiezione che ho fatto con mio figlio, che ha la stessa età del film: dodici anni. Rivedendolo con lui mi sono ritrovato spesso a dover spiegare dinamiche che non erano chiare nel racconto. Già questo non era un buon segno, e arrivati a una scena dell’episodio del sarto, Nicola mi ha chiesto: “Papà, ma cosa sta succedendo?”. Io guardavo il film con gli occhi dello spettatore, erano passati tanti anni e non ricordavo più niente. Così mi sono ritrovato io stesso a non capire cosa stesse accadendo in quella scena, e gli ho risposto: “Amore, non lo so”. “Ma come, papà? L’hai fatto tu!”. “Sì, hai ragione, ma che ti devo dire… non lo so!”. Questa è stata la molla che mi ha spinto a rendere più chiari certi passaggi drammaturgici, senza cambiare nulla della struttura originaria. Molti interventi che abbiamo fatto saranno invisibili per lo spettatore, ma adesso il racconto è più chiaro e fluido.
Matteo Garrone
Un film, Gomorra, che sarà difficile dimenticare e che non può lasciare indifferenti, proprio come il libro dal quale è tratto, il docu-romanzo di Roberto Saviano. Dalla sterminata materia che percorre il libro secondo un ordine non narrativo e non lineare, il regista […] ha tirato fuori solo alcuni suggerimenti e segmenti. Il film è fatto di cinque nuclei o storie, sebbene l’adattamento allo schermo – ben deciso e definito nel suo dare luce, voce, faccia, suono, ambientazione e ritmo a ciò che era stato reso dalle parole scritte – assecondi lo stesso metodo casuale, senza inizio e senza fine. […] Tra le storie spiccano, anche per efficacia degli interpreti, quella di don Ciro (Gianfelice Imparato) e quella di Pasquale (Salvatore Cantalupo). Don Ciro è colui che, nell’articolata catena di competenze e gerarchie, ha l’incarico di fare pazientemente il giro delle famiglie degli affiliati al clan che sono finiti in galera per recapitare loro la mesata; e fa di tutto per vivere e comportarsi come un grigio e metodico contabile diligente e distaccato. Pasquale è un sarto di qualità, anello fondamentale della catena che lega l’alta moda al lavoro nero tramite le cosche; e non per ribellione ma solo perché lusingato dalla richiesta cede alle insistenze della concorrenza cinese che lo reclama come istruttore del suo esercito di lavoranti clandestini. Ma tutto si paga, tutto, in questo universo dove conta solo schierarsi e l’alternativa è secca tra dominare e subire, impone una scelta. Le altre storie non sono meno pazzesche e penetranti. A partire da quella, anche la sola che contenga una minima e fievole luce di alternativa, dove il giovane laureato Roberto capisce per che cosa e per chi sta lavorando – Franco (Toni Servillo), impeccabile completo di lino e auto di classe, manageriale trafficante di rifiuti tossici – e scende dal carro. Narrazione impassibile, osservazione da entomologo, esplosioni di orrore e di follia mischiate alla quotidianità perché sono la quotidianità di un ‘sistema’ di cui vive (e muore) non solo una circoscritta banda di delinquenti ma una vasta comunità, con ramificazioni che arrivano dappertutto. Lecito naturalmente appellarsi o appigliarsi a tutti i riferimenti di rito, dai modelli coppoliano o scorsesiano a quello del nostro grande Rosi. Ma è tanto vero che Garrone esprime un punto di vista e uno sguardo che il suo cinema e il suo film non somigliano a niente.
Paolo D’Agostini, “La Repubblica”, 16 maggio 2008
Introduce Matteo Garrone
Versione originale con sottotitoli
In caso di pioggia, la proiezione si sposterà al Cinema Arlecchino e al Cinema Jolly