Furore
(The Grapes of Wrath, USA/1940) di John Ford (129')
Regia: John Ford. Soggetto: dal romanzo omonimo di John Steinbeck. Sceneggiatura: Nunnally Johnson. Fotografia: Gregg Toland. Montaggio: Robert Simpson. Musica: Alfred Newman. Scenografia: Richard Day, Mark-Lee Kirk. Interpreti: Henry Fonda (Tom Joad), Jane Darwell (mamma Joad), John Carradine (Casy), Charley Grapewin (nonno Joad), Dorris Bowdon (Rosasharn Rivers), Russell Simpson (papà Joad), O.Z. Whitehead (Al Joad), John Qualen (Muley Bates). Produzione: Nunnally Johnson, Darryl F. Zanuck per 20th Century-Fox Film Corp. Durata: 129’
Copia proveniente da Park Circus
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Dopo aver superato la prova del fuoco il giovane Lincoln [Henry Fonda in Alba di gloria] s’incammina, “magari verso la cima di quella collina”, sotto un imminente temporale. Un anno dopo il fuorilegge Tom Joad lascia il nostro campo visivo più o meno allo stesso modo. Il libro da cui prende vita è Furore di John Steinbeck (1939), e quarant’anni dopo l’attore che lo interpreta raffigurerà in un disegno quel libro aperto, con una lente da lettura che ingrandisce un paragrafo: “Sulle grandi arterie gli uomini sciamavano come formiche, in cerca di lavoro, in cerca di cibo. E la rabbia comincio a fermentare”. Dal diario di Bertolt Brecht, 22 gennaio 1941: “Vediamo il film tratto da Furore di Steinbeck. Si può ancora capire che è un grande libro e che i produttori probabilmente non hanno voluto ‘togliergli tutta la forza’. […] Il film è un interessante intreccio di elementi documentaristici e privati, epici e drammatici, istruttivi e sentimentali, realistici e simbolici, materialistici e idealistici”. Dagli scritti di Andrew Sarris, 18 ottobre 1973: “All’epoca sopravvalutato quale testimonianza sociale, e oggi sottovalutato sia come film hollywoodiano (non abbastanza mitico e patinato), sia come cimelio fordiano (non abbastanza personale). Quel che supera sempre la prova del tempo, tuttavia, è la grintosa incarnazione che Henry Fonda offre di Tom Joad, una miscela volatile di sincerità rurale e ringhiosa paranoia. […] La sua statura fisica e spirituale non è quella dell’omino vittimizzato, ma dello spilungone dal sangue caldo. La sua rabbia esplosiva ha la miccia corta, e sul fatto che sia tenace senza essere meschino dobbiamo credergli sulla parola. In realtà è solo la goffaggine dei movimenti a tradire una vulnerabilità. Il suo eroe presunto proletario diventa sinistro e minaccioso nella zona d’ombra in cui la giustizia sociale incrocia la vendetta personale”. Dalla raccolta di canzoni di Bruce Springsteen, The Ghost of Tom Joad, 21 novembre 1995: “Elicotteri della stradale che spuntano dalla collina. Benvenuti al nuovo ordine mondiale. Famiglie che dormono in macchina nel Sudovest. Né casa né lavoro né sicurezza né pace”.
Alexander Horwath
Nella vasta libreria dove è conservata la letteratura di celluloide, c’è un piccolo scaffale poco affollato dedicato ai capolavori del cinema, a quei film che per importanza del tema e per eccellenza di esecuzione sembrano destinati all’eternità. Su quello scaffale di classici del grande schermo, la Twentieth Century Fox ieri ha aggiunto il suo adattamento di Furore di John Steinbeck […]. La sua grandezza risiede in molte cose, non tutte traducibili a parole. È difficile, ad esempio, discutere la regia di John Ford se non in termini pittorici. Il suo utilizzo della camera è ora documentariistico, ora narrativo ora entrambe le cose insieme. Steinbeck ha impiegato svariate pagina a descrivere le Dust Bowl e i loro agricoltori. La camera di Ford abbandona la candida autostrada, segue Tom Joad mentre arranca tra la polvere fino a una fattoria vuota, vede attraverso gli occhi di Muley il dolore di abbandonare la propria terra e la vacuità del tentativo di resistere ai trattori. Una paio di rapide sequenze, e tutto ciò che Steinbeck ha detto, è stato inciso a fuoco nella memoria.
Frank S. Nugent, “The New York Times”, 25 gennaio 1940