Ferie d'agosto
(Italia/1996) di Paolo Virzì (108') | Introduce Paolo Virzì
Regia e soggetto: Paolo Virzì. Sceneggiatura: Paolo Virzì, Francesco Bruni. Fotografia: Paolo Carnera. Montaggio: Cecilia Zanuso. Musica: Battista Lena. Interpreti: Silvio Orlando (Sandro), Sabrina Ferilli (Marisa), Ennio Fantastichini (Ruggero), Laura Morante (Cecilia), Paola Tiziana Cruciani (Luciana), Claudia Della Seta (Graziella), Piero Natoli (Marcello), Luigi Alberti (Roberto), Agnese Claisse (Martina), Rocco Papaleo (il brigadiere). Produzione: Vittorio e Rita Cecchi Gori per Cecchi Gori Group, Tiger Cinematografica. Durata: 108’
Copia proveniente da Cineteca di Bologna per concessione di RTI-Mediaset. Restaurato da Cineteca di Bologna, in collaborazione con RTI-Mediaset e Infinity+ con il sostegno di MiC, presso il laboratorio L’Immagine Ritrovata
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Stiamo attenti, signori critici, a non prendere troppo dall’alto un film come Ferie d’agosto, opera seconda del toscano Paolo Virzì. Si corre lo stesso rischio in cui inciamparono molti recensori dei primi anni Cinquanta, di fronte a Domenica d’agosto di Luciano Emmer. Se ci viene la voglia di dire, come allora, che il film è bozzettistico, manierista e non spiega le vere cause dei conflitti sociali, riflettiamo che nel 2010 (e magari prima) i giovani studiosi ravviseranno in queste scene da una vacanza, come appunto accaduto per il film balneare di Emmer, un ritratto spiritoso ed eloquente della società italiana d’oggi: avviata sempre più a dividersi nelle due opposte tribù di quelli che leggono e quelli che guardano la tv, quelli che si preoccupano della fame nel mondo e quelli che hanno in mente solo il loro “particulare”, quelli che ancora sperano nella politica e quelli per cui (come diceva Flaubert) “vendere e comprare è lo scopo della vita”.
Il merito del film di Virzì, scritto con Francesco Bruni, è di mantenersi al di sopra delle parti: sui due clan in vacanza, di destra e di sinistra, riuniti dal caso a convivere vicini sull’isola di Ventotene, gli autori si accaniscono con imparziale ironia per approdare tuttavia a un giudizio sospensivo di tipo assolutorio. Su un fronte si canta “Nostra patria è il mondo intero”, sull’altro “La società dei magnaccioni”; questi fumacchiano hashish, vanno in giro nudi e si concedono altri capricci libertari, mentre il capofamiglia degli altri tenta di imbrogliare un ‘vu cumprà’ e addirittura gli spara per impaurirlo. […] In sottofinale si sfiora addirittura la tragedia...
Tullio Kezich
Io arrivavo da La bella vita, un’opera prima triste, dolente e dolorosa sulla crisi sentimentale di una coppia operaia di Piombino. Il film ebbe una certa risonanza e quindi, poco tempo dopo, mi chiamò quella che era la major del momento, Cecchi Gori Group, che al tempo produceva anche film d’autore, ma soprattutto commedie spensierate e natalizie. Quindi mi posi il problema su quale potesse essere un mio progetto adatto per loro. Pensai che potevo infinocchiarli allestendo una commedia balneare che al primo colpo d’occhio potesse assomigliare a una commedia dei Vanzina per nasconderci dentro qualcos’altro. […] Per capire il film oggi bisogna ricordare che venne scritto proprio nell’anno della discesa in campo di Silvio Berlusconi, che di fatto spaccò l’Italia in due. Io e Francesco Bruni provammo a mettere in burla questa cosa, inserendo anche dei momenti di autocanzonatura rispetto ad amici che già vedevano il nostro Paese destinato a una specie di declino disperato. Insomma, saremmo finiti soggiogati dal regime televisivo che avrebbe spazzato via anche la grande cultura e l’umanesimo sociale della sinistra. In pratica era l’Italia del karaoke e di Colpo Grosso contro l’Italia dell’“Unità” e dell’impegno.
Paolo Virzì