copertina di Elvis
22 luglio 2023, 21:45
@ Piazza Maggiore

Elvis

(USA/2022) di Baz Luhrmann (159')

Regia: Baz Luhrmann. Soggetto: Baz Luhrmann, Jeremy Doner. Sceneggiatura: Baz Luhrmann, Jeremy Doner, Sam Bromell, Craig Pearce. Fotografia: Mandy Walker. Montaggio: Jonathan Redmond, Matt Villa. Scenografia: Karen Murphy, Catherine Martin. Musica: Elliott Wheeler, Anton Monsted. Interpreti: Austin Butler (Elvis), Tom Hanks (colonnello Tom Parker), Helen Thomson (Gladys), Richard Roxburgh (Vernon), Olivia Dejonge (Priscilla). Produzione: Baz Luhrmann, Catherine Martin, Gail Berman, Patrick Mccornick e Schuyler Weiss per Bazmark, Jackal Group. Durata: 159’. Copia proveniente da Warner Bros.


Esagerato. Eccessivo. Smisurato. Caotico. Estremo. Sono questi alcuni degli aggettivi più ricorrenti nelle recensioni e nelle analisi relative a Elvis, il film che il regista australiano Baz Luhrmann (Moulin Rouge, Il grande Gatsby) ha dedicato alla vita e al mito di Elvis Presley. […] Elvis è uno tsunami perché con un’energia straripante fa a pezzi tutti i modelli di biopic fin qui visti sullo schermo. Ne fa tabula rasa. E inventa un modello nuovo. Lo sperimenta. Lo mette alla prova. E lo fa senza paura di ostentare quell’eleganza un po’ sfarzosa e finanche decorativa che è tipica del rococò. Prendete anche solo l’incipit: Luhrmann spezza lo schermo, lo taglia, moltiplica gli split screen, ti ritrovi a vedere anche quattro o cinque finestre/cornici contemporaneamente; il montaggio più che frenetico è tellurico, le immagini si formano e crollano, la visione diventa lisergica e caleidoscopica, i colori si affastellano, le luci esplodono, la grafica gioca, isola e contorna, arrivando a incorniciare il volto di Elvis dentro il cerchio di una roulette che poi diventa un disco. Ma poi c’è il colore che chiede il controcanto al bianco e nero, il disegno da graphic novel si incista nelle riprese live, un cerchio rosso con l’occhio kubrickiano di Hal 9000 emerge e si reimmerge dal fondo, mentre nella colonna sonora per un attimo risuonano le note del primo capitolo di 2001: Odissea nello spazio. Il nostro sguardo è travolto. Ammaliato, sedotto, stordito. Come se Luhrmann avesse voluto offrirci un’odissea nel successo: una rutilante parabola su come la nostalgia del palco, delle fan, della fama possa trasformarsi in un’arma di autodistruzione letale. […]
Nel film si scontrano di continuo due registri: quello luccicante del palcoscenico, con le fan assiepate in delirio, le mutandine che volano sul palco, le luci, i lustrini e le paillettes, e il movimento pelvico dell’idolo, in un programmatico deragliamento dei sensi che non disdegna il kitsch di una certa estetica rock; e accanto a questo il registro più intimo e privato della fragilità, della paura, della debolezza, il registro dei sogni infranti e degli amori impossibili.


[…] È un ottovolante Elvis, ha detto qualcuno. Vero: l’occhio va su e giù, va di qua e di là, sbanda, salta, zooma, esonda. Il ritmo martella, il sudore schizza e la musica guida il movimento. L’interprete di Elvis, il giovane, straordinario Austin Butler, esegue personalmente alcuni brani del repertorio elvisiano, ma poi la colonna sonora vede e chiede la collaborazione di svariati artisti fra cui Eminem, Chris Isaak e anche i nostri Måneskin che interpretano la cover di If I Can Dream. Fra un concerto e l’altro, fra un brano e l’altro, la vicenda di questo ragazzo povero, figlio di una famiglia bianca che abita in un quartiere di neri, ammaliato fin da piccolo dal gospel e dal blues, si incrocia con la grande Storia. […] Ed Elvis sceglie di non stare a guardare: “Quando una cosa non la puoi dire, cantala”. E lui canta. Non può farne a meno. Canta fino alla fine, quando qualcosa di misterioso (forse la dipendenza dal successo e dall’amore delle fan…) lo porta via per sempre, a soli quarantadue anni.


Gianni Canova