L’ultima notte di Amore
(Italia/2023) di Andrea Di Stefano (120')
Introduce Pier Francesco Favino
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L’ultima notte di Amore è la discesa agli inferi di un uomo onesto, un marito devoto, un amico affidabile, un agente ammirato dai suoi colleghi per serietà e devozione alla divisa. Ho sempre immaginato questo film come un film d’altri tempi, sia per fabbricazione che per narrazione, e con l’obiettivo ultimo di raccontare la storia del suo protagonista come una parabola religiosa. Un avvertimento a tutti quelli che pensano di tradire la propria natura per il miraggio di una vita migliore. […]
Volevo fare un poliziesco realistico ambientato nell’Italia contemporanea, ispirato dall’amore per i film di Kurosawa e affascinato dai meccanismi tensivi di Hitchcock. Ho cominciato a scrivere la sceneggiatura immaginando sempre Franco Amore col volto di Pierfrancesco Favino. Poi, durante uno dei primi giorni di riprese, seduto davanti al combo, tutto è cambiato e il film è diventato mio. Ammirando l’umanità dello sguardo di Pierfrancesco Favino mentre sorrideva a Viviana, ho finalmente realizzato che avevo scritto un film su mio padre. Quella familiarità che sentivo nei racconti degli agenti che non si sentivano ripagati per i sacrifici fatti, la delusione di andare in pensione da sconfitti, la burocrazia statale che spesso premia solo i più furbi, erano la ripetizione degli stessi dolorosi sfoghi che avevo assorbito da mio padre negli anni della mia adolescenza. Questo film è un omaggio a tutte le persone che ambiscono ad essere persone per bene, come Franco Amore, come mio padre.
Andrea Di Stefano
Il modo di vedere il cinema di Andrea mi piace molto, è simile al mio, lo spettatore è sempre messo in primo piano, i film che dirige sono di genere e anche di intrattenimento ‘alto’ e, per quanto riguarda L’ultima notte di Amore, mi è piaciuto il fatto che fosse un noir vero e proprio, un polar, un genere che forse noi abbiamo lasciato negli ultimi anni nelle mani di altre cinematografie. Ero felice che nel cinema italiano si potesse tornare a fare un tipo di storie che non si facevano da tempo. Era un film che avrei voluto vedere da spettatore – nelle scelte che compio questa è sempre una condizione essenziale – e mi è piaciuta l’ambizione di Andrea, si trattava di un film che doveva essere ambizioso anche da un punto di vista produttivo altrimenti diventava un tentativo nostrano di copiare gli americani. La sfida era quella di verificare se un genere che siamo abituati a vedere con altri volti e altre uniformi potesse tornare a essere credibile rispetto alla nostra cultura e alla nostra realtà, e credo che questa scommessa alla fine sia stata completamente vinta.
Pierfrancesco Favino
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Presentando questa cartolina, ingresso ridotto alle mostre Bologna fotografata e Bar Luna