20 agosto 2020, 21:30
@ Piazza Maggiore e BarcArena

The Blues Brothers

(USA/1980) di J. Landis (133’)

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Per capire esattamente che cosa ha significato The Blues Brothers bisogna vedere il remake che, a vent'anni di distanza, ha realizzato lo stesso John Landis. La fiacchezza, la gratuità, la macchinosità di Blues Brothers 2000 costringe a confrontarsi sull'irripetibilità di questo film sgangherato e fracassone, assolutamente perfetto nel suo essere totalmente scombinato e universale nel suo essere pervicacemente americano, intelligentissimo nel suo celebrare il trionfo della stupidità. The Blues Brothers è un fenomenale catalogo di musica soul e rhythm & blues, a conclusione della stagione mitica in cui questi generi erano riusciti a trasportare intatte le loro radici folk nell'industria del pop (Ray Charles, Aretha Franklin, James Brown, tanto per citare qualcuno). Inoltre è il film che sancisce la grandezza di John Belushi, prima del declino tossico e della prematura scomparsa. Ma, soprattutto, The Blues Brothers è un film che coinvolge come una festa di fine anno scolastico, che contagia nella sua vitalità come un inno a una stagione di anarchia leggera e scanzonata che chiudeva in maniera sublime un'epoca vissuta all'insegna della libertà. In questo senso, con le sue sequenze memorabili, col suo elevare il musical a filosofia esistenziale, il film di Landis è anche un manifesto politico (si veda come i due fratelli considerano i neonazisti...) di un'America che vive la presidenza di Jimmy Carter e il periodo post-Vietnam in modo decisamente euforico. Gli anni successivi diranno che si trattava di un'utopia, ma il film è diventato comunque un punto di riferimento per chi (dai fratelli Coen a Jim Jarmusch, fino a Jim Carrey) rifiuta categoricamente di rassegnarsi a un paesaggio plumbeo.

Giacomo Manzoli

Quando abbiamo realizzato il film, ci dissero che era un film 'black' e che nessun bianco in America sarebbe andato a vederlo. La casa di produzione era sicura che il film avrebbe avuto vita breve, per cui mi costrinsero a tagliare intere sequenze e ad accorciare alcuni numeri musicali. Alla fine ho dovuto togliere ventisei minuti. Poi il film risultò un successo incredibile, e immediatamente tutti si affrettarono ad accaparrarsene il merito. Per rendersi conto di quanto la casa di produzione fosse desiderosa di prendere le distanze dal progetto, basta pensare alla colonna sonora: l'album non fu pubblicato dallo studio che ha prodotto il film, ma dalla Atlantic Records.

John Landis