25 giugno 2018, 21:45
@ Piazza Maggiore

Il settimo sigillo

(Det sjunde inseglet, Svezia/1957) di Ingmar Bergman (96') | Introduce Margarethe von Trotta

Soggetto: dal dramma Trämålning di Ingmar Bergman. Sceneggiatura: Ingmar Bergman. Fotografia: Gunnar Fischer. Montaggio: Lennart Wallén. Scenografia.: P.A. Lundgren. Musica: Erik Nordgren. Interpreti: Max von Sydow (Antonius Block), Gunnar Björnstrand (Jöns), Bengt Ekerot (la Morte), Nils Poppe (Jof), Bibi Andersson (Mia), Åke Fridell (Plog), Inga Gill (Lisa), Erik Strandmark (Jonas Skat), Bertil Anderberg (Raval), Inga Landgré (Karin), Gunnar Olsson (Albertus Pictor). Produzione: Allan Ekelund per AB Svensk Filmindustri. DCP

Copia proveniente da Svenska Filminstitutet
Digitalizzato nel 2018 in 4K da Svenska Filminstitutet a partire da il negativo camera originale 35mm.

Il cavaliere Antonius Block (Max von Sydow) e il suo scudiero Jöns (Gunnar Björnstrand), reduci disillusi delle Crociate, fanno ritorno nella Svezia del Trecento e la trovano in balia della peste e della disperazione. Sulla spiaggia Block incontra la Morte, e in una delle più efficaci alternanze campo/controcampo mai realizzate la sfida a una partita a scacchi per prendere tempo e poter compiere un’azione che abbia un senso. Ingmar Bergman iniziò a lavorare a Il settimo sigillo scrivendo sulla sua agenda questo appunto (la Bibi cui si riferisce è la sua compagna di allora, l’attrice Bibi Andersson): “Bibi ha ragione. Basta commedie. È ora di passare ad altro. Non devo più lasciarmi intimorire. Meglio questo di una cattiva commedia. Dei soldi non m’importa niente”. Dato che si tende a immaginare Ingmar Bergman come un intellettuale tormentato alle prese con i suoi demoni interiori, può sembrare strano che fosse felice dei suoi primi grandi trionfi come regista di commedie. Eppure era così. Adesso, però, era “ora di passare ad altro”. Il settimo sigillo segna così un punto di svolta nella carriera di Bergman. Può sembrare paradossale, ma anche se furono le commedie dei primi anni Cinquanta a spianare la strada alla carriera internazionale di Bergman, i suoi veri trionfi commerciali vennero con i successivi e ‘impegnativi’ drammi esistenzialisti come Il settimo sigillo. Il settimo sigillonacque come evoluzione di un atto unico che Bergman aveva scritto qualche anno prima per gli attori del Teatro municipale di Malmö. Nonostante le molte analogie, quello che manca nel prototipo è proprio il personaggio bergmaniano più famoso. Mi riferisco naturalmente alla Morte, volto bianco e vestito nero, che gioca la sua partita sul bianco e nero di una scacchiera in uno dei film in bianco e nero per eccellenza.

(Jan Holmberg)