8 settembre 2019, 21:30
@ Arena Puccini

Cold War

di Pawel Pawlikowski, Polonia/2018, 85’

La storia d'amore tempestosa e sofferta tra due musicisti, una relazione ostacolata dalle scelte opposte e dai rovesci del destino. Sullo sfondo, la Polonia e l'Europa negli anni della Guerra fredda, riprese in 4/3 in un bianco e nero cristallino. "Una miniatura affascinante che evoca l'eponimo gelo geopolitico con tutta la complessa, delicata decadenza dell'autore polacco. Ma la guerra fredda al centro di questo film inquieto e pieno d'ellissi è quello tra i cuori, non tra i territori". (Variety)

Premio per la miglior regia al Festival di Cannes 2018
Premio come miglior film agli European Film Awards 2018

"Quindici anni di amore e di fughe per evocare la disperazione e la tragica bellezza, malgrado tutto, di un'epoca scomparsa. Quindici anni di canzoni folk, spesso bellissime, di spettacoli di regime, di bassezze e compromessi, per resuscitare un mondo sepolto dall'oblio e dai luoghi comuni. Il tutto attraverso un grande amore liberamente ispirato a quello dei genitori del regista polacco cresciuto in Occidente che torna allo smagliante bianco e nero di Ida per raccontare con ruvide ellissi e immagini taglienti come i dialoghi l'incontro, la passione, le incomprensioni, i tradimenti, di due amanti uniti e divisi dalla musica e dalla cortina di ferro. A riassumerlo il magnifico Cold War sembra una versione esteuropea di A Star is Born: musicista scopre giovane dalla voce sublime, ne è sedotto, la seduce, cerca di farne una stella... Solo che non siamo negli Usa ma in Polonia, nel 1949. La guerra è finita da poco, le campagne sono battute da esperti a caccia di musica popolare, come accadeva da noi e in America con Diego Carpitella e Allan Lomax. E soprattutto i sogni non luccicano per le strade ma oltrecortina, in Occidente. In patria fare carriera significa camuffarsi da contadina e cantare per il regime. La felicità è altrove. Questo almeno pensa Wiktor che al primo concerto a Berlino organizza la fuga. Solo che Zula non lo segue. Così dagli anni Cinquanta al 1964 sarà tutto un inseguirsi fra Parigi e Zagabria, locali jazz e star system socialista, tentazioni e umiliazioni. Tutto senza lungaggini o sentimentalismi ma con un taglio secco molto personale, e immagini sempre dense e sorprendenti, a volte incantevoli, soprattutto nel blocco orientale. Un blocco di ghiaccio forse. Ma ghiaccio bollente.

Fabio Ferzetti, "L'Espresso"